Quando ero piccolo non mi perdevo un episodio di Flipper, la serie televisiva che è andata
in onda sulla Rai dal 1964 al 1967. Ne era protagonista l’omonimo
delfino addomesticato – amico di Porter Ricks, guardia di una riserva marina
della Florida, e dei suoi figli Sandy e Bud – che incarnava le straordinarie
virtù di questo mammifero. Virtù già note nell’antichità, per altro. Secondo
Omero, Apollo assunse le fattezze di un delfino più volte, anche quando accostò
ai lidi di Crisa, che gli aprirono la via per Delfi. Lo stesso Omero cantò il
delfino per la sua voce accattivante e per il salvataggio dei naufraghi
(Telemaco, figlio di Ulisse, fu salvato da un delfino). Come il simpatico
Flipper televisivo, i delfini amano gli esseri umani ed è innato in loro
l’istinto di soccorrere chi rischia di annegare. Sono gli angeli del mare. Questo
istinto compassionevole emerge nel mito del citaredo Arione, raccontato da
Erodoto. Costui, costretto a buttarsi in mare, fu infatti salvato da un delfino
e condotto in salvo sulle rive del Tenaro. Oppiano, invece, ha riportato la
storia vera della tenera amicizia tra un fanciullo e un delfino che accorreva
verso la riva quando sentiva il richiamo dell’amico, prendeva il cibo dalle sue
mani e in segno di gratitudine lo portava sul dorso a fare un giro in mare
aperto. Quando il ragazzo morì, anche il delfino morì di dolore. Difficile
credere che un delfino non addestrato si presti a fare da cavalcatura a un
essere umano? Eppure, nell’arte greca l’uomo è spesso scolpito a cavallo di un
delfino. Gli antichi greci attribuivano al delfino la funzione di psicopompo; il
nobile animale si caricava sul dorso le anime dei morti e le trasportava
nell’oltretomba. È solo una credenza, sia chiaro, ma Plinio il Vecchio
testimonia di come uomini e delfini comunicassero fra loro per catturare i pesci nella
laguna di Sète, nella Gallia narbonese. E questo è un fatto vero, per quanto
inverosimile.
La simbologia del delfino ci fa comprendere il peso specifico di
questo cetaceo gioioso e giocoso che non è considerato solo l’allegoria della
salvezza, in virtù delle leggende che lo vogliono soccorritore e amico
dell’uomo, ma anche il simbolo della rigenerazione. Valenza, quest’ultima, che deriva
dal mito secondo cui i pirati, dopo avere legato il dio Dioniso all’albero
della loro nave, si ubriacarono e caddero in mare, dove si pentirono,
trasformandosi in delfini. Il delfino è anche associato alla saggezza, alla prudenza
e alla velocità, prerogative facilmente osservabili. Forse, nessuno meglio di
Plutarco ha descritto con precisione l’insieme delle qualità che ci fanno amare
i delfini. Si tratta, però, di un’attrazione reciproca. “È il suo amore negli
confronti degli uomini che lo rende caro agli dei” scrive Plutarco nel Banchetto dei sette saggi “…nel delfino
soltanto si trova, in relazione all’uomo, quella cosa che vanno cercando tutti
i migliori filosofi, ovvero l’amore disinteressato. Questo animale, infatti,
non ha bisogno di ricevere nulla dagli uomini e, dal canto suo, nei confronti
di tutti gli uomini mostra la sua benevolenza e amicizia”.
Se usciamo dall’ambito
letterario, scopriamo che anche scienziati ed etologi da una parte e
spiritualisti dall’altra sono affascinati dai delfini. I primi hanno studiato a
lungo le eccezionalità caratteristiche di quello che potrebbe essere definito
“signore della navigazione”. I delfini, infatti, possiedono un metodo di
propulsione straordinario che li rende velocissimi (possono raggiungere i 30
nodi marittimi) e sanno nuotare come nessun’altro animale marino, riducendo al minimo la frizione e le
turbolenze dell’acqua. La loro capacità di orientamento è senza pari in natura,
grazie a un sonar che percepisce l’eco dei segnali acustici e gli ultrasuoni.
In effetti, i delfini emettono fischi modulati in una grande variazione e
comunicano fra loro utilizzando almeno trentadue segnali chiave. Tanti ne hanno
individuati gli studiosi fino ad oggi ma non è escluso che siano molti di più.
D’altra parte, l’intelligenza dei delfini è proverbiale. Anche la loro vista e
il loro udito sono eccezionali. E che dire della loro eleganza? Konrad Lorenz
rimarcò che “il corpo affusolato del delfino è una di quelle cose esistenti in
natura nelle quali la bellezza e l’utilità, come la perfezione artistica e
tecnica, si combinano in modo quasi incomprensibile. In sostanza, è lecito
definire il delfino “capolavoro della Natura”. Nobile e gentile, così ci
appare. E capace di emozionarci come pochi altri animali sanno fare.
Ho avuto
la fortuna di avvistare molti delfini in mare e di nuotare in mezzo a loro in
acque tropicali. Devo ammettere che mi sono sentito felice come un bambino ogni
volta che mi sono trovato accanto ai delfini. Relazionarsi con loro è
un’esperienza unica, che ci fa sentire bene e ciò mi fa pensare che gli
spiritualisti non abbiano torto quando affermano che il delfino è quasi umano
senza averne i difetti. Quasi, perché in realtà è originario di Sirio e delle
Pleiadi. Lo so, rischio di entrare in un terreno minato. Mi limiterò a
considerare che i delfini sono anime elevate, evolute, perciò “sanno”. Essi
hanno il compito di collegare la griglia oceanica con quella terrestre. A buon
intenditor poche parole. In più, voglio rimarcare la loro grande potenzialità
guaritrice. Alcune università stanno studiando come utilizzare in ambito medico
la capacità dei delfini di interagire beneficamente con le cellule del corpo
umano. È ormai
assodato che i delfini siano in grado non solo di risvegliare il nostro centro
emotivo, che risiede nel limbo, ma anche di proiettare nei recessi del corpo
umano raggi sonar dall’elevato potere guaritore. Il loro canto non è solo rilassante,
dunque, ma terapeutico. Lo dimostra il lavoro svolto sui bambini autistici. A
Miami, in Florida, la delfinoterapia viene applicata anche ai malati di cancro
e ai terminali, ai paraplegici, ai ragazzi ciechi e sordi. Per ultimo, lo
sapevate che il delfino ha poteri telepatici? Teniamolo presente, ogni volta
che ne incontriamo uno, anche quelli costretti in un delfinario o in un parco
acquatico per il nostro divertimento. Non so cosa pensi di noi un delfino
costretto alla cattività, ma so che pensa e, probabilmente, soffre per la sua
condizione e insieme per il nostro egoismo. Offriamogli un sorriso,
possibilmente la nostra empatia. Ma voglio sperare che il suo amore per il
genere umano gli renda meno dure le privazioni, a cominciare dalla perdita
della libertà.
A pensarci bene, uno strano destino unisce i capolavori; affinché siano ammirati li si chiude a chiave.
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