La Terra non è come Mitridate VI, il re del Ponto passato alla
storia non tanto perché fu uno dei più acerrimi avversari della Repubblica Romana
ma per una sua curiosa caratteristica. Aveva infatti l’abitudine di assumere
ogni giorno dosi crescenti di veleno e ciò lo portò ad essere immune ad esso.
Benché il nostro pianeta “assuma” ogni giorno dosi sbalorditive di veleni, non
raggiungerà mai l’assuefazione. Anzi, arriverà il giorno in cui non ne potrà
più di ingerire schifezze obtorto collo
e produrrà reazioni terrificanti, secondo la legge di causa-effetto. Sto
parlando del continuo, sistematico stoccaggio in superficie e riversamento nel
sottosuolo e nelle acque di sostanze tossiche e scorie radioattive. Sostanze,
sia detto per inciso, il cui “tempo di dimezzamento” (cioè il tempo necessario
perché si dimezzi la loro radioattività) è abnorme. Basti pensare che il
plutonio necessita di 240.000 anni di isolamento, una sciocchezza rispetto ai 710
milioni di anni dell’uranio 235 e i 4,5 miliardi di anni dell’uranio 238!
Abbiamo
un grosso problema: non sappiamo come neutralizzare gli scarti di combustibile
nucleare esausto derivante dalla fissione nucleare del nocciolo dei reattori
nucleari, né sappiamo come rendere innocui i prodotti e materiali contaminati o
inquinanti (pensiamo, ad esempio, all’amianto), e i rifiuti radiologici di tipo
nucleare, industriale e radioterapico. È un problema che pare irrisolvibile, tant’è che ci
limitiamo a immagazzinare e nascondere le sostanze radiotossiche che andrebbero
distrutte e rese innocue. Le scorie vengono depositate in superficie in aree
protette o destinate a depositi geologici. Ma lo stoccaggio in bunker
sotterranei profondi e schermati o nelle miniere di sale (come quella di Asse
in Germania) ha dato grossi problemi a causa dell’infiltrazione dell’acqua che
intacca i contenitori. La terza via, quella che prevede la separazione e
trasmutazione delle sostanze tossiche, è quasi impraticabile. Per la cronaca,
ogni anno il consorzio umano deve “eliminare” almeno 200.000 m³ di veleni e al momento, pare che ne
abbiamo accumulate oltre 300.000 t.. L’ulteriore problema è di questo angusto problema
non ce ne frega niente. Come se l’avvelenamento del suolo e delle acque non ci
riguardasse, come se il cancro, la leucemia e le nuove malattie senza nome non
fossero in aumento a causa della nostra incoscienza e indifferenza. Non è nascondendo
la sporcizia sotto il tappeto che possiamo pulire la nostra casa. Purtroppo i
veleni sono stoccati ovunque e stanno enfiando il corpo della terra, lo stanno
intossicando gravemente.
È di questi
giorni la notizia diffusa dall’Olympic Delivery Authority che 7.500 t. di
scorie radioattive (per lo più rifiuti tossici e nucleari) sono stati seppellite fra il 2007 e il 2008 nel parco
olimpico di Londra 2012, a 250 m. dallo stadio olimpico, non lontano dalla
stazione internazionale di Stratford. Poco tempo fa mi aveva colpito la notizia
che l’Andra, l’agenzia pubblica francese che si occupa di scorie radioattive,
ha rivelato che a partire dal 1983 sono stati scaricati nel fondali marini
oltre 14.000 t. di rifiuti radioattivi. Presumo che “in fondo al mar” non ci sia
più posto per la Sirenetta, sfrattata complessivamente da oltre 100.000. t. di
rifiuti tossici in barile. Sempre in Francia, a Le Hague, sorge uno dei due più
grandi centri di stoccaggio di scorie d’Europa. L’altro si trova in Inghilterra,
a Sellafield. Al momento, sul podio dei paesi leader nello stoccaggio dei
veleni ci sono gli Stati Uniti d’America, la Francia e il Giappone. E l’Italia?
Noi siamo messi un tantino meglio, salvo deprecare il fatto che anche nel
nostro Paese esistano troppi siti a rischio. Le scorie radioattive si trovano
stipate nelle aree dove sorgono le quattro centrali elettronucleari in disuso
(Caorso, Latina, Trino Vercellese e Garigliano) e presso tante altre località,
fra cui i centri ricerche dell’ENEA a Casaccia, Saluggia e Bosco Marengo, le
basi americane di Ghedi e Aviana, Salto di Quirra in Sardegna, il centro
nucleare di Ispra, la Val di Susa ecc. Siamo circondati dalle scorie
radioattive e il peggio è che aldilà dei dati e delle informazioni ufficiali si
paventano le situazioni tenute segrete, le realtà nascoste dai governi, gli
smaltimenti illegali che possiamo definire crimini contro l’umanità. Va da sé che nei luoghi dove è più alta la concentrazione della monnezza nucleare, i disturbi psicofisici e le malattie sono in crescita esponenziale.
Che fare?
Si dice che non è possibile rendere innocue le scorie nucleari, che possiamo
solo nasconderle e incrociare le dita. Ma è vero? No, non è affatto vero, ci
stanno mentendo. Possiamo neutralizzare i veleni, la nostra tecnologia è in
grado di farlo in modo semplice e immediato. Come? Ricorrendo alla biologia.
Esistono infatti microrganismi che sono in grado di divorare le sostanze attive
delle scorie e renderle innocue. Parlo dei batteri aerobici ipertermofili. La ricerca scientifica ha individuato uno di
questi microrganismi fin dagli anni Cinquanta del XX secolo e l’ha “riscoperto”
nel 1998, quando ne parlarono per prime le rivista americane Science News (volume n°154, 12/12/1998) e Nature Biotechnology (ottobre 1998). Si tratta del Deinococcus
radiodurans, il cui nome significa “strana bacca che resiste alle
radiazioni”. Questo batterio estremofilo sarebbe in grado non solo di
difendersi dalla radioattività e fagocitare i prodotti radiotossici ma di
riparare i danni genetici. È stato addirittura inserito nel Guinness dei primati come “la forma di
vita più resistente alle radiazioni del mondo”. Le sue applicazioni mediate
dall’utilizzo di tecniche di ingegneria genetica potrebbero risolvere il
problema delle scorie nucleari. Già oggi, il Deinococcus radiodurans è usato a fini ambientali per eliminare,
tramite digestione batterica, i solventi e i metalli pesanti. I ricercatori
hanno poi sviluppato un suo ceppo capace di detossificare e bonificare il
mercurio e il toluene contenuto nei depositi di
scorie radioattive miste. Nel 2003, poi, alcuni ricercatori americani del The
Institute for Genomic Research e dell’Università del Massachusetts hanno
sequenziato il genoma del Geobacter
sulfurreducens, che è in grado di metabolizzare i metalli radioattivi come
l’uranio. Esistono altri batteri idonei al trattamento biologico delle scorie
radioattive che attendono di essere studiati e sperimentati. La possibilità di
usare i microbi come “forza di pulizia” ha dato vita a quella che viene
chiamata bioremediation (o
biodecontaminazione). Le prospettive sono molto interessanti e forse qualche
laboratorio ha già trovato il modo per debellare i veleni a cui la Terra, a
differenza di Mitridate, non ha intenzione di abituarsi. Molto più probabile,
invece, che prima o poi li vomiti. A
questo punto, è lecito domandarsi perché i governi non finanziano la ricerca al
fine di affrontare il problema delle scorie radioattive in modo nuovo, diverso.
E tanto più, perché non adottino le soluzioni se sono efficaci e poco costose. Non
ho in serbo la risposta, ovviamente, posso solo formulare un’ipotesi. Forse le
logiche di potere ed economiche escludono le soluzioni ai gravi problemi
ambientali dei nostri tempi, soprattutto se sono poco costose o poco
redditizie. Paradossalmente, c’è chi preferisce tenere in vita i problemi per non
perdere il controllo delle masse, basato da sempre sul denaro, l’informazione
falsa o taciuta, la strategia della paura o della rassicurazione a secondo dei casi.
È la stessa logica che inibisce l’uso delle risorse rinnovabili al posto del
petrolio, che non vuole risolvere il problema della fame nel mondo ma lo
acuisce, che nasconde la verità perché la verità rende liberi. Credo, tuttavia,
che prima o poi i nodi verranno al pettine. A meno che io non mi sbagli e mi
preoccupi senza averne il motivo.
Mi sembra paradigmatico citare le parole che Umberto
Veronesi, uomo intelligente ma capace di contraddizioni strabilianti, disse
quando assunse la presidenza dell’Agenzia per la sicurezza nucleare (che fu
creata da Berlusconi nel 2009 e abolita da Monti nel 2011). Il famoso oncologo
dichiarò infatti: “le scorie non sono un
problema di salute. Io potrei dormire in camera con le scorie nucleari, non
esce neanche una minima quantità di radiazioni”. Veronesi, ci sei o ci fai?
Nel dubbio, sorrido all’idea che potrebbero essere i batteri, la forma di vita più antica e diffusa sulla Terra, oltre che la più umile, a indicarci come guarire dal delirio di onnipotenza che obnubila le menti umane. Capita che i microbi la sappiano più lunga dei giganti.
Nel dubbio, sorrido all’idea che potrebbero essere i batteri, la forma di vita più antica e diffusa sulla Terra, oltre che la più umile, a indicarci come guarire dal delirio di onnipotenza che obnubila le menti umane. Capita che i microbi la sappiano più lunga dei giganti.
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