Ha ragione Pirandello, siamo uno, nessuno e
centomila. L’immagine che proiettiamo all’esterno e l’idea che gli altri si
fanno di noi non è sempre corretta o esaustiva. Ogni essere umano è
come un cristallo dalle tante sfaccettature e dai riflessi cangianti a secondo
della specola da cui si osserva. Chi mi frequenta, ad esempio, sa che sono
stato per tanti anni un imprenditore umanista e che oggi mi dedico a tempo
pieno alla scrittura. Qualcuno sa anche dei miei incredibili vissuti spirituali,
conosce la parte sommersa dell’iceberg. Ma quanti sanno che nutro una passione
inguaribile per la squadra di calcio di cui sono tifoso da oltre mezzo secolo?
Lo so, sembra strano e foriero di imbarazzo questo aspetto della mia natura che
i benpensanti potrebbero disdegnare o deridere. I tifosi sono soggetti alla
forza di gravità ma io non mi sento risucchiato in basso, al contrario ho
sentore che il mio animo dispieghi le ali. Alcuni credono, a torto, che il
calcio abbruttisca l’uomo, lo svilisca come facevano in epoca romana i giochi
nell’arena e nel circo. Pensano che sia il passatempo del popolo bue, uno svago
per individui amorfi o decerebrati. Che sciocchezze! Meno male che esiste il
calcio, invece, che ha reso obsoleta la guerra. Umberto Eco, pace all’anima
sua, un giorno disse che “il calcio è un rituale in cui i diseredati bruciano
l’energia combattiva e la voglia di rivolta”. Può darsi, e se così fosse
dovremmo essere grati al pallone, che aggrega più delle religioni. A tale
proposito, vorrei citare una frase di Pier Paolo Pasolini, l’intellettuale che
adorava la sfera di cuoio e le partite nel fango: “Il calcio è l’ultima
rappresentazione sacra del nostro tempo”. Lunga vita ai tifosi di calcio, ispirati
sacerdoti laici, purché non impugnino la clava ma indossino i paramenti della
loro squadra.
Bene, torniamo a bomba. Nel mio cuore sventola una bandiera di
seta fine, il drappo azzurro del Como 1907. Quando andavo a scuola e fra compagni ci
si chiedeva “per quale squadra tifi?” e tutti rispondevano “Juventus”, “Inter”
o “Milan”, io dicevo “il Como”, suscitando quei risolini stupidi e le battute
mediocri di chi non può capire che il vero merito, nella vita, non è schierarsi
coi forti o salire sul carro dei vincitori per farsi ammirare, ma sposare la
causa dei piccoli, dei deboli, di chi mette in preventivo di potere subire
torti e rovesci. Da allora, non ho mai smesso di amare e seguire il Como, di
attendere l’inizio di un nuovo campionato con trepidazione e fiducia. Ora, so
bene che chi non ama il calcio storcerà il naso. In fondo, può anche capire,
forse giustificare l’entusiasmo per le grandi squadre – oggi più che mai visto
che il calcio si è evoluto, non è più il padiglione delle meraviglie ma un
fenomeno planetario, un sistema mediatico ed economico-finanziario che
coinvolge interessi non solo sportivi – ma sorriderà del calcio minore e del
tifo di provincia. Alla domanda come si può spendere denaro, energie ed
emozioni per sostenere squadre come il Como o più piccole, con un seguito di
pubblico modesto, voglio rispondere aprendo il mio cuore.
Amo il Como perché è la
squadra della mia città e io amo la mia città. Amo il Como perché è il mio
passato, il mio presente e il mio futuro. Il Como è per sempre, è un diamante
purissimo. Me ne sono innamorato quando “ero piccolino e mio padre mi portava
al Sinigaglia”, come recita la canzone che i tifosi della curva adorano al pari
di “Azzurro” di Celentano. Anzi, da prima, quando a portarmi al Sinigaglia era
mio nonno e poiché ero così picinin
che mi sarei annoiato a vedere una partita intera, entravamo quando mancava un
quarto d’oro alla fine, di straforo. Ma di quei quarti d’ora ho un ricordo
indelebile. Hanno fatto nascere in me la passione e la voglia di assistere
all’intera partita. In seguito, il quarto d’ora si è trasformato in un lasso di
tempo estenuante. Ricordo un Como-Genoa con il tutto esaurito in cui entrai
allo stadio cinque ore prima dell’inizio della partita e mi ritrovai circondato
dai camalli genovesi, per tacere di quando ospitavamo la Juventus, l’Inter, il
Milan, il Torino o il Napoli in serie A. Amo il Como perché i ricordi
dell’infanzia, dell’adolescenza e della giovinezza sono un altare su cui,
crescendo, continuiamo a celebrare la nostra vita, onorando ciò che siamo stati
e non siamo più. Amo il Como perché è come il primo amore, che ho avuto la
fortuna di sposare. Un amore al quale sei fedele e accanto al quale invecchi
con gioia, senza mai pentirti delle tue scelte, senza smettere di sentirti
innamorato. Il Como è una passione che mi accompagnerà anche quando sarò
vecchio e forse non potrò più andare allo stadio. Certi amori durano tutta la
vita e la scaldano, nella buona e nella cattiva sorte. Mia moglie, le mie
figlie, i miei nipoti sanno che il Como ha un posto nel mio cuore da prima che
loro arrivassero, perciò rispettano il mio sentimento. Amo il Como nonostante
le delusioni, le amarezze, la stanchezza, i fallimenti, gli spareggi persi, le retrocessioni,
le trasferte da cui si tornava avviliti, i furti subiti in campo e fuori. E amo
il Como per le gioie che mi ha dato, le splendide vittorie, le partite e i
giocatori indimenticabili, le trasferte esaltanti, le promozioni. Amo il Como perché
è la mia memoria storica, il baule dei sogni, lo scrigno dove ho stipato mille
emozioni e pulsioni. Amo il Como perché ogni volta che varco i cancelli del
Sinigaglia, uno stadio bellissimo a dispetto dei suoi acciacchi, è come se
assaporassi una primizia e insieme affiorasse il ricordo atavico delle
battaglie vinte contro gli eterni rivali, le squadre più blasonate o odiate.
Come se si rinnovasse una magia, esplodesse il pathos e prendessi parte a una
rappresentazione epica della vita che vogliamo vincere ma possiamo pareggiare e
persino perdere, l’importante è lottare fino alla fine. Amo il Como perché l’azzurro
è il colore più bello del mondo e sono orgoglioso di essere lariano. E nel mio
cuore, che ultimamente si è messo a fare i capricci perché non sono più un
giovanotto, continua a sventolare indomabile una bandiera azzurra come il lago,
come il cielo, come gli occhi di chi non può smettere di sognare.
Forza Como,
amore mio, si ricomincia. Che il vento sia propizio e il sogno di tornare grandi si
realizzi.
Pelle d'oca! Complimenti!!!
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